mercoledì 26 dicembre 2012

Fuga da Herasque

Nei giorni successivi allo stupro di Ganym, Aileen rimase chiusa nelle sue stanze il più possibile, perennemente stanca e priva di forze per fare alcunché. Sadia non si fece mai vedere e anche il resto del palazzo parve dimenticarsi di lei così non le fu difficile rannicchiarsi dentro il letto e rimanere in uno stato di perenne dormiveglia tutto il tempo.
Una notte però, quando ormai tutto il palazzo era in silenzio, si svegliò di soprassalto sentendo qualcuno che armeggiava con la serratura e quando la porta si spalancò saltò in piedi, cercando qualcosa con cui difendersi.
"Fai silenzio! Dobbiamo fuggire!" Era Litka, la sua pelle scura che si confondeva con le ombre, il suo passo morbido ed elastico appena udibile sul pavimento.
"Fuggire?" chiese Aileen. Aveva pensato alla fuga, nei suoi momenti di sconforto, ma le era parsa un'idea folle, come spiccare il volo dalla sua finestra.
"Le cacciatrici si sono ribellate al generale Yara. Tutte!"
"Ma... ma perché?"
"Non importa. Quello che conta è che così decade il loro atto di possesso nei nostri confronti. Chiunque può prenderci quando vuole"
Aileen si rese conto che non avrebbe potuto essere schiava di nessun altra che non fosse Sadia. Sentì una stretta al cuore. "E... e..."
"Ikara la hanno già... è riuscita a stento ad avvertirmi... non possiamo restare qui. La dottrina delle amazzoni è impura. Non possiamo sapere cosa potrebbero farci!"
"Ma come...?"
"Zitta e seguimi"
Litka uscì dalla stanza, presa dal panico Aileen la seguì. Si accorse subito di non avere più nulla del ranger. Un tempo si sarebbe mossa per i corridoi bui in silenzio e con sicurezza, invece in quel momento era in preda al panico, sbatteva contro qualsiasi cosa e stava in piedi a stento. E si sentiva nuda, terribilmente nuda, la vergogna la faceva bruciare.
Litka aveva evidentemente girovagato per il palazzo di Herasque molto più di lei e sembrava conoscerlo bene. Non fece la strada che lei si era aspettata per uscire, ma la condusse per corridoi più stretti e angusti, adibiti alla servitù. Alla fine sbucarono, senza incontrare nessuno, in un cortile secondario e da lì non ebbero problemi a sgattaiolare per le strade.
La serata era fresca, Aileen sentiva il vento sulla pelle. Non aveva mai girato per la città ed era certa che anche la maggior parte delle schiave venivano tenute confinate negli appartamenti delle amazzoni. La città non sembrava fatta per ragazze nude. Anche Litka, di vicolo in vicolo, sembrava perdere un po' di determinazione e cominciò persino a coprirsi i seni. A un certo punto si fermarono a un angolo abbastanza a lungo perché lei potesse porle delle domande. "Dove stiamo andando?" chiese.
"Ho... organizzato una cosa... non, non c'era scelta"
Ripresero a correre fino a un grande carro, di quelli adibiti per i lunghi viaggi. La porta del cassone era socchiusa e quando gli si misero davanti si spalancò. Salirono e subito sentirono i battenti sigillarsi dietro di loro.
Il carro apparteneva a un uomo ricco, che ne aveva fatto il suo appartamento durante gli spostamenti. Diverse candele illuminavano stoffe, cuscini e scaffali ricolmi di cose. Nel carro c'era solo un uomo, completamente calvo, dalla pelle cotta dal sole, con diversi orecchini e una lunga veste dorata, assurdamente sfarzosa, come si usava in certi porti del sud.
"E così sei riuscita veramente, negretta" disse, guardando entrambe, senza nascondere quanto guardare gli risultasse piacevole.
Litka si fece avanti, fino a trovarsi a un passo dall'uomo, e crollò in ginocchio, con le gambe leggermente aperte "Come le dicevo"
Gli occhi dell'uomo si spostarono su Aileen. "E anche lei è una schiava di cacciatrice? Pura?"
"Si signore"
"Che venga anche lei qui, allora"
Aileen, più seguendo l'istinto che altro, si portò accanto a Litka e si mise in ginocchio come lei. Appena fu anche lei in posizione l'uomo si allungò verso di loro e mise una mano ciascuna sul loro pube, cominciando a massaggiarlo con voluttà "Sai che non varreste nemmeno la metà se non foste... pure..."
Litka si lasciò andare alla carezza mentre Aileen, al contrario si irrigidiva. La schiava di colore cercò di guardare comunque l'uomo negli occhi, mentre veniva scossa da brividi. "Le cacciatrici lasciano intatte le loro schiave... per... aumentare la loro devozione"
"Due belle verginelle" il mercante affondò un dito nelle loro vagine. Anche Aileen cominciò a gemere, non di piacere, ma per l'umiliazione di essere nuovamente violata da un maschio. Quale che fosse la sua reazione, comunque, all'uomo piacque.
"Quindi vi farò uscire da Herasque" disse l'uomo, leccandosi le labbra "e voi lascerete che io vi sistemi" Detto ciò si mise a masturbarle con decisione.
Litka respirava ormai pesante, tutto il suo corpo lottava per trattenere l'orgasmo. "Shibed leen" disse solo.
Aileen provava solo dolore e vergogna, ma non chiuse le gambe "Shibed leen" riuscì anche lei a dire.
Il ricco mercante a quel punto tolse le mani e se le asciugò in un fazzoletto di lino. Si adagiò poi più comodamente sui cuscini che gli facevano da trono. "Ora però dimostratemi che avete imparato l'arte amatoria delle amazzoni"
Aileen rimase immobile, sempre in ginocchio, tutta tesa nello sforzo di rimanere esposta e non coprirsi, così fu Litka a fare la prima mossa, ad andare verso di lei, abbracciarla, guidarla sdraiata tra i cuscini. Quando i loro visi furono vicinissimi, la ranger riuscì a sussurrare "cosa ci succederà?". La ragazza di colore le si premette contro, seno contro seno, pelle scura contro pelle chiara, carne contro carne "Andrà meglio di quello che ci avrebbero fatto a palazzo".
Aileen si ritrovò sdraiata, aperta in gambe e braccia, il corpo di Litka sopra, flessuoso e sfuggente come un animale della foresta. Sentì l'eccitazione di Litka, sentì che gocciolava dalla sua pelle nera, cercando di coinvolgerla. E poi, lentamente, sentì il pelo del pube di Litka sfregare sul suo pube liscio, stimolandolo, coinvolgendolo nella sua umidità.
Aileen ritrovò il suo animo da schiava e riuscì a permettere al suo corpo di lasciarsi trascinare nella danza dei corpi nudi. Abbracciò Litka, si premette contro di lei, accolse con piacere i brividi dell'eccitazione che dal suo bassoventre si propagavano per tutto il suo corpo.
Fecero sesso per ore, com'era loro dovere. Il mercante guardò tutto con attenzione.


giovedì 25 ottobre 2012

La conquista dell'usurpatore

Ganym la tenne con la bocca attaccata al suo pene per un tempo che le parve lunghissimo. Non sentì mai il membro dell'uomo irrigidirsi completamente. Ogni tanto lo sentiva sussultare, ma per quanto provasse a eccitarlo con la bocca non riusciva mai a portarlo oltre un certo punto. Era umiliante, le dimostrava quanto poco sapesse degli uomini e Ganym accentuava la sua sensazione di vergogna continuandola a chiama "piccola ranger", "brava bambina" e "pompinara di corte". Aveva smesso da tempo di fermare le lacrime, quindi sentiva il suo volto umido e caldo.
Alla fine Ganym le prese la testa e la indusse a lasciare il suo pene. Il sollievo che provò fu di brevissima durata perché poi l'uomo la costrinse a guardarlo e vide in lui uno sguardo di spietata lussuria. "Hai giocato abbastanza?" le chiese.
"Shibed leen" rispose soltanto. Il sapore del sesso dell'uomo persisteva sulla sua lingua e sulle sue labbra.
"Sai, ho dovuto fare un patto con le tue padrone... una cosa politica diciamo"
Si abbassò, le prese un braccio e la strattonò in piedi. Urlò e subito si sentì in colpa perché Sadia le aveva insegnato a non urlare mai, ma capì che in quella situazione non poteva farne a meno. La forza di Ganym era di molto superiore alla sua e così fu facile per lui trascinarla fino al letto in un angolo della stanza e sbattercela sopra.
"Ci siamo messi d'accordo che non posso inzozzare la tua figa pelata. Si vede che le amazzoni la adorano"
Aileen capiva solo a metà quello che le veniva detto, continuava a tenere gli occhi fissi sul pene dell'uomo, che improvvisamente stava trovando un vigore fino a quel punto nascosto.
"Visto che però sarebbe stato poco gentile lasciarmi solo la tua boccuccia ci siamo accordati per il tuo buchino dietro"
Aileen sentì le sue viscere rivoltarsi dalla paura. Voleva fuggire, ma il suo corpo nudo di schiava non aveva più forze. Si erse in ginocchio sul letto, per affrontare il suo violentatore, ma quello le diede un manrovescio che la mandò sdraiata tra le lenzuola. Un secondo dopo sentiva il suo corpo nudo che la copriva e le sue braccia che la inducevano a stendersi sul ventre.
"Scommetto che tanto da ranger tu fossi tutta vergine no? Quindi aprirti uno o l'altro è uguale, non credi?"
Si ritrovò a frignare come una ragazzina, mentre Ganym la stendeva, le allargava le gambe e si sdraiava sopra di lei. Sentì la sua bocca leccarle il collo mentre sotto il suo membro caldo già cercava di insinuarsi tra i suoi glutei. Si dimenò un momento, prima di capire di essere senza speranza, poi si limitò a gemere "Shibed Leen"
"Sei ancora una bambina, dopotutto" le disse lui "mi piace questo"
Si inarcò, premendola sul materasso. Poi lo sentì frugare a prendersi il pene e lo avvertì distintiamente appoggiarsi contro il suo ano. Fu colta da un brivido che la fece contrarre così, quando Ganym cominciò a spingere, dovette sfondarla per entrare. Lanciò un urlo acuto, poi un altro e un altro ancora, mentre il sesso bruciante dell'uomo la violava inesorabilmente, scivolando dentro di lei, esplorandola. Alla fine tutto il suo corpo era solo dolore e umiliazione, era un animale nudo e ferito che subiva per sopravvivere.
"E' il modo migliore per fare l'amore" le disse lui, sistemandosi più comodo sopra di lei e dentro di lei.
"Basta..." piagnucolò.
Ma ormai Ganym stava dando seguito ai suoi istinti animali e cominciò a muoversi su e giù, muovendo il pene nel suo sedere in cerca di piacere. Nonostante non lo credesse possibile ogni movimento le provocava nuove ondate di dolore che si rinnovavano sempre più forti, sempre ignorate da lui, che probabilmente trovava tutto quello delizioso.
Non durò abbastanza perché lei smettesse di urlare, soffrì e si lamentò per tutto il tempo, poi sentì qualcosa di caldo e viscido in sé e finalmente Ganym la liberò, rotolando come un animale giù dal letto, fino per terra.
Rimase ferma immobile, singhiozzando e respirando forte. Ganym continuava a complimentarsi con lei mentre si rivestiva. La sua faccia esprimeva la soddisfazione propria solo degli uomini meschini, che amavano godere della sofferenza degli altri. Lasciò la stanza senza nemmeno degnarla di un ultimo sguardo.
Aileen rimase sul letto. Come qualcuno l'aveva portata lì era certa che qualcuno l'avrebbe portata via. A un certo punto ebbe uno spasmo e si mosse, così sentì qualcosa di liquido che gocciolava giù dal suo ano in fiamme. Pensò fosse lo sperma di Ganym, ma quando trovò la forza di girarsi vide che invece era sperma misto a sangue, un rivolo scuro che le ricordò un animale ferito, in attesa di un cacciatore che le desse il colpo di grazia.

Ma era una schiava, dopotutto. E non era successo niente che non fosse nei suoi doveri.

domenica 14 ottobre 2012

Il prezzo dell'alleanza

Aileen fu lavata e profumata dalle inservienti amazzoni come un animale domestico. Non le diedero comunque nessun vestito e la portarono in un'ala del castello che non aveva mai visto, in quello che sembrava un ricco appartamento. Lì la lasciarono ad attendere. Il tempo le sembrava non passasse mai e ogni minuto che spendeva lì si sentiva più vulnerabile e umiliata per la sua condizione. Finì col rannicchiarsi sul divano, fissando la porta, terrorizzata all'idea che si aprisse.
Alla fine a spalancarla fu lord Ganym che rimase poi sull'uscio, quasi dubbioso, finché con lo sguardo non la individuò. "La cocca della regina... guarda com'è ridotta"
Aileen si coprì il corpo con le mani, d'istinto. "Tu..."
L'uomo si avvicinò, indossava vesti da camera, nessuna armatura, ma il drappeggio delle stoffe lo faceva apparire enorme, incombente come una nube. "Ti ricordi di me? Di quando io baciavo i piedi della tua signora e tu ti aggiravi per il palazzo come un maschiaccio, tutta impettita nella tua divisa da ranger?"
Aileen cercò di rannicchiarsi ancor più nel divano, visto che non aveva nessun posto dove andare. Si vergognava di essere nuda, si vergognava di essere stata lavata e profumata per quell'incontro, si vergognava di essere una schiava. "Hai tradito l'impero!" piagnucolò. Ma anche la sua voce era senza forza.
Ganym la prese per un polso e la trascinò a terra. Dopodiché le mise un piede calzato dello stivale sullo stomaco e la tenne giù. Sentì la pressione limacciosa della suola sulla pelle. "Mi avevano detto che eri stata educata ed eri ubbidiente" la schernì Ganym. Poi le sputò in faccia.
"Non sono ubbidiente a te!" provò a reagire Aileen. Ganym spostò il piede verso il basso, fino al suo sesso, e aumentò la pressione. Si sentì soffocare dal dolore, aprì bocca senza riuscire a dire niente.
"Ti ho chiesto in dono alle tue padrone... una semplice notte. Vuoi che le tue padrone sappiano che hai scordato come ubbidire?"
Aileen pensò alle punizioni delle schiave. Le peggiori le aveva sempre evitate, comportandosi bene, ma le temeva. La paura fece riemergere in lei la sua indole da schiava. Soffocò in qualche modo tutto il resto. "Shibed leen..." disse.
Ganym si tolse da sopra di lei e si aprì le vesti. Era nudo, il membro rigido. "Dimostralo"
Aileen si affrettò in ginocchio e cominciò a leccare il membro di Ganym. Lo trovò disgustoso, completamente differente da quello che aveva provato fino a quel momento. Sperò però che lui non si accorgesse delle sue smorfie e continuò a premere la bocca sul suo membro, stimolandolo con la lingua, strusciando anche le guance contro il suo corpo.
Ganym la tirò per i capelli, affinché lei lo guardasse "Le tue padrone immagino non ti abbiano insegnato a succhiare"
Rimase senza parlare, con un'espressione confusa. Lui lo trovò divertente. "Provaci"
Aprì la bocca il più possibile e appoggio il pene di Ganym sul labbro inferiore. Spinse avanti il volto il più possibile e poi chiuse. Il sapore del sesso dell'uomo la invase. Per alcuni secondi non fu capace di respirare, poi ritrovò il respiro attraverso il naso e provò a toccarglielo con la lingua. Si sentiva goffa e incapace, ma lui era divertito e la lasciava fare. Sentì che cominciava a piangere in silenzio, ma nonostante tutto provò a succhiare, la sua bocca cominciò a emettere strani suoni.
"Non temere, piccolo ranger" disse Ganym gelido, come se non stesse traendo piacere da quello che lei gli stava facendo. "Hai tutto il tempo per imparare"

venerdì 21 settembre 2012

I rimorsi di Sadia

Quando Aileen poté ritirarsi nella camera della sua padrona e togliersi gli strumenti con cui l'avevano presentata, fu colta dal panico. Panico di non poter fare nulla, intrappolata in quella stanza.
La sua anima era dilaniata: da una parte il ranger che non poteva più essere che avrebbe dovuto avvertire la sua regina e che invece era nuda e esposta come un animale di compagnia, senza neppure più la dignità di alzare gli occhi sulle altre persone. Dall'altra la schiava che era diventata, che avrebbe voluto adagiarsi nel suo ruolo, rannicchiarsi al servizio della sua padrona, senza più responsabilità e invece si riscopriva piena di dubbi e sensi di colpa.
Finché le fu possibile rimase chiusa nella sua stanza. Passarono così due giorni, senza che nessuno chiedesse di lei e senza che Sadia si facesse vedere.
Poi, una sera, Sadia tornò da lei, in uno stato in cui non l'aveva mai vista. Nessuna tintura mimetica, gli occhi gonfi, le guance arrossate di lacrime, ma soprattutto segni di scudiscio sulle cosce e sui seni.
Aileen la guardò e subito sentì salire un moto di pianto, quell'immagine gettava ancora più confusione su di lei "Shibed leen", disse.
Sadia non rispose, la spinse sul letto, le andò sopra premendo il suo corpo sul materasso e poi cercò la sua bocca, in un bacio lungo, appassionato, ma lento, che faceva scorrere anche il respiro da una all'altra. Sadia non sapeva di erba, di foresta, di terra, gli odori della Cacciatrice erano scomparsi. Ed era come se questo facesse parte del gigantesco vuoto che Aileen sentiva in lei, mentre se la premeva contro.
Ma Sadia la stupì. Dopo il bacio la sua bocca scivolò sul collo, baciando ancora, piano, e poi arrivò sui seni. Qui la sua lingua prese a leccare, con movimenti circolari, meticolosi, inciampando volutamente sui capezzoli, finché entrambe le sue piccole mammelle non furono lucide di umidità.
Aileen si sentì travolta. Mai era stata oggetto di attenzioni così dolci. Sadia non era sua schiava come lei non era più schiava di Sadia. E non c'era lussuria in quello che facevano. Stavano solo facendo l'amore.
Spaventata, cercò lo sguardo della Cacciatrice "Signora..."
Sadia non rispose, scese ancora più giù, le allargò le cosce, poggiò la bocca aperta sul suo sesso liscio. Aileen sentì la sua lingua tormentarla, spingere, cercare di dischiudere e assaporare. Si inarcò gemendo e venne, più di una volta prima che Sadia si decidesse finalmente a lasciarla.
Sadia guardò Aileen. Aileen fece per protrarsi verso di lei, desiderosa di ricambiare, desiderosa di adempiere ai suoi doveri da schiava. Sadia la fermò, tornò a premerla sul materasso e la abbracciò. Aileen sentì il suo corpo scosso da tremiti.
"Non ho potuto fermarli" la sentì sussurrare "ma tornerai da me"
Aileen provò a rispondere "Co... cosa?"
La Cacciatrice si alzò e aprì la porta della stanza. Due amazzoni in cotta di maglia entrarono. Aileen capì subito che erano lì per portarla via.

sabato 15 settembre 2012

Lord Ganym

L'avevano fatta camminare fino alla sala del trono con il fallo di cuoio nella vagina. L'oggetto non era completamente fissato alla cintura così oscillava leggermente su e giù, come in un continuo amplesso. Niente di abbastanza violento per farle male, niente di abbastanza sensuale per darle piacere, una specie di continuo tormento, che la degradava, che la costringeva a concentrarsi sempre e comunque sul suo desiderio, senza poterne fare a meno.
Quando era arrivata il suo sesso era indolenzito ed era consapevole del nettare che le bagnava l'interno coscia. Nonostante questo cercò di mantenersi dritta e fiera, mentre si posizionava dove le avevano assegnato, all'interno di una lunga riga di schiave nude.
Erano almeno una ventina di ragazze, disposte una accanto all'altra, un passo dietro al trono, come una bizzarra guardia d'onore. Ikara e Litka erano le più vicine al trono e sicuramente erano le più belle di tutte. Non solo la loro pelle scura spiccava sulla stanza, ma erano anche quelle col corpo più bello, benedette dal sangue della loro terra. Vedendole, Aileen si morse il labbro al ricordo del viaggio per arrivare lì.
Lei era stata messa sul lato destro, accanto aveva cinque ragazze giovani i cui corpi erano segnati da dure punizioni e che sembravano vergognarsi di trovarsi lì. Capì che dovevano trattarsi delle ragazze di rango catturate alla caduta di Herasque, prede di guerra che le amazzoni avevano cominciato subito a educare a una nuova vita di schiavitù. Non provava pena per loro, sperava che imparassero rapidamente qual era il loro nuovo ruolo e scoprissero quanto di bello c'era.
Il generale Yara era seduta sul trono, vestita dell'armatura leggera e bardata con i paramenti del comando. Era una donna sui trentacinque anni, capelli scompigliati e neri, occhi di ghiaccio. Era molto alta, anche per il popolo delle amazzoni, e aveva un carattere forte con cui non faceva fatica a imporsi. Aileen non aveva mai visto molte amazzoni soldato nella sua permanenza presso Sadia, ma era attratta e allo stesso tempo spaventata da Yara. In qualche modo era un tipo di donna completamente diverso dalla sua padrona e questo la incuriosiva.
Annunciata da un araldo entrò la delegazione attesa. Aileen ebbe un brivido. Non aveva capito bene perché era lì ma riconobbe subito i costumi e le armature del suo popolo. Non riconobbe invece lo stendardo, nonostante avesse studiato tutti quelli principali del regno, e questo la inquietò. Erano sei uomini, tutti armati, si inginocchiarono un momento poi uno si alzò e si tolse l'elmo. Fu allora e solo allora che Aileen ebbe veramente paura.
- Generale Yara delle amazzoni, Lord Ganym di Corel ti porta i saluti del Re dell'ovest e si congratula con te per la conquista della città di Herasque.
Aileen si sentì veramente nuda, per la prima volta. Aveva incontrato Lord Ganym alla corte della Regina diverse volte, un uomo inquietante, un intrigante di corte. Ma comunque, sempre, lo aveva visto omaggiare la sua signora. Ora perché aveva insegne diverse? E chi era il re dell'ovest di cui parlava?
Yara rispose al saluto formale, ma lei non lo sentì. Aveva occhi per Ganym e per quello che rappresentava. Era stata mandata lì come ranger per indagare sulla ribellione e ora scoprava che un importante dignitario che frequentava la corte aveva voltato le spalle al regno e si inchinava a un nuovo re. Un re alleato con le amazzoni.
Aileen temette che le sue emozioni trasparissero. Non solo la tensione per le rivelazioni che aveva avuto, ma anche la vergogna nuova, che provava a stare lì. Intorno a lei, però, nessuno sembrava notarla e anche le amazzoni che, dietro alle schiave, le sorvegliavano in silenzio, non sembravano innervosite. Provò a rilassarsi, ma a quel punto si accorse della cosa più terribile di tutte.
Lord Ganym aveva occhi solo per lei.


martedì 24 luglio 2012

Ratto guerriero

Quando Aileen scese dal carro nel cortile del castello di Herasque, per la prima volta dopo mesi, si sentì nuda. Fuori dall'atmosfera libera della città delle amazzoni, in quel luogo che le ricordava moltissimo i luoghi in cui era cresciuta, non avere nulla addosso le parve sconveniente e osceno, oltre che umiliante. Il suo primo istinto fu di coprirsi con le mani, ma si trattenne, anche perché accanto a lei le due gemelle avanzavano a testa alta, fiere del loro corpo esposto.
Fu portata in una camera del palazzo e lasciata lì, sola, per ore. Non si chiedeva come mai, aveva smesso di farsi domande così stupide e quando la porta si aprì si limitò ad alzarsi in piedi e chinare il capo.
Sadia entrò assieme a una amazzone sui quarant'anni, che vestiva la tunica di una casta inferiore. Nonostante questo, lei doveva tributare rispetto a entrambe. "Shibed leen" disse.
L'amazzone sconosciuta le si avventò contro, le prese il viso e glielo tirò su, le pizzicò il corpo, le strizzò le natiche. "Certo" concluse "non è davvero granché. Mi chiedo come una signora come lei l'abbia scelta"
"Non è tuo interesse" tagliò corto Sadia.
"Lo è. Se vogliamo che il generale Yara possa adornare la sua udienza delle prede più nobili dobbiamo lavorarci, ma per la mia idea può andare bene"
"Su quello non ho obiezioni"
L'amazzone appoggiò una mano sul pube liscio di Aileen e cominciò ad accarezzare. "Avanti ratto, parla alla tua amica Giunice..."
Come sempre, quando veniva trattata con disprezzo, Aileen dovette fare uno sforzo per non ritrarsi. "Si..."
"Hai la figa pelata perché la tua padrona ti ha trovato così, vero? E' un'usanza dei ranger, vero? Sei un ranger?"
Nonostante non sapesse più il significato di quella parola, Aileen annuì. Quello strano ritorno al suo passato la riempì di malinconia che mal si mischiò con le molestie che stava subendo. Arrossì.
"Allora fare di te un guerriero sottomesso impressionerà più della puttanella lasciva che sei diventata"
Giunice mollò la presa sul pube di Aileen e la trascinò seduta. Poi prese delle forbici e cominciò a tagliarle i capelli. Aileen notò in uno specchio che glieli stava tagliando tutti. Quando ebbe finito prese una lametta e la rasò completamente.
Aileen si ricordò dei primi tempi all'accademia, quando aveva cominciato il suo percorso per divenire guerriera. Anche allora le avevano imposto la rasatura e non l'aveva trovato umiliante, perché era uno dei tanti sacrifici per raggiungere i suoi scopi. Ma lì, invece, serviva a disprezzare lei e quello che era stata e in qualche modo la feriva. Nonostante i suoi sforzi cominciò a piangere in silenzio.
"Il ratto piange" la schernì Giunice "non è granché neanche come guerriero"
Sadia era combattuta. Qualcosa in quella tortura la eccitava, ma era turbata perché non ne aveva il controllo. "Cos'altro hai in mente oltre a tosarla?"
"Giocattoli" Giunice tirò in piedi Aileen e poi andò a prendere un oggetto. Era una specie di cintura, ma completamente in metallo e in mezzo spiccava una parte allungata, scura, rivestita in cuoio. Si chinò davanti alla schiava, le agganciò la cintura alla vita e quando ripiegò un'altra parte fece sì che la parte allungata le entrasse completamente nella vagina. Aileen chiuse un momento gli occhi poi cercò di rilassarsi. Non era niente che non avesse già preso, ma quando alla fine Giunice ebbe finito di chiudere lo strumento e si allontanò da lei, si accorse che l'oggetto era fatto per mantenere costante e continua la penetrazione e ne fu spaventata. Lo sentiva come una catena che inchiodava il suo stesso corpo, senza legarla a niente, dall'interno.
Giunice prese una spada corta, una spada da ranger proveniente dalle terre a ovest, col sigillo della Regina, e la agganciò alla cintura di metallo. "Dovrà apparire così sottomessa da potersi presentare alle spalle del generale armata"
Sadia andò davanti ad Aileen e la squadrò. Aileen capì subito che era eccitata, ma cercava di controllarsi. La cacciatrice la osservò, la palpò un po', le accarezzò la testa pelata poi appoggiò una mano sulla sua spalla, affondò le unghie e le tracciò tre profondi graffi, fino a metà del seno. "Ferite di guerra" disse.
Anche Giunice si portò davanti alla schiava e la squadrò soddisfatta. "Un perfetto ornamento per la generale Yara!" ammise.
"Ottimo" Sadia la baciò sulla bocca, un bacio calmo, di circostanza "tra un'ora ti condurranno nella sala del trono"

venerdì 13 luglio 2012

In viaggio per Herasque

Per andare a Herasque la fecero salire su un carro. Aveva dei cuscini sul fondo, per farla stare comoda, ma aveva anche sbarre come un carro da animali. Sembrava una condizione fatta apposta per ricordarle la sua posizione, ma non le diede fastidio. In verità era così terrorizzata dall'idea di lasciare la città che tutto il resto non contava.
Era un carro ampio, con lei salirono anche due ragazze della sua età, la pelle scurissima e i capelli ricci, i seni ritti e il sedere compatto. Erano identiche, Aileen sapeva che erano sorelle gemelle, ognuna di loro era sorella minore della foresta per una cacciatrice, come lei. Si chiamavano Ikara e Litka.
Inizialmente, mentre il carro si metteva in viaggio, non si dissero niente, sebbene Ikara continuasse a fissarla con uno strano sorriso sulla faccia. Quando ormai però cominciavano a inoltrarsi nella foresta Litka cominciò ad avvicinarsi. "E così tu sei la schiava di Sadia" disse.
"Si" rispose lei. In realtà. durante la sua permanenza al villaggio, non aveva avuto molto a che fare con le altre schiave delle cacciatrici perché le incutevano tutte un po' di timore, visto che si aggiravano come regine, pur nella loro condizione. Adesso Ikara e Litka la guardavano con curiosità.
Ikara si avvicinò a lei gattonando, facendo oscillare ampiamente il sedere. "Ti sei sempre tenuta un po' in disparte... ci hai fatto venire un po' di curiosità. E' vero che eri un ranger dell'impero?"
Litka le era ormai presso, le prese le ginocchia e gliele aprì con forza, osservandola. "Ed è per questo che ce l'hai pelata?"
Nonostante tutto, Aileen avvampò per lo sguardo delle ragazze al suo sesso liscio. "La radevo quando ero ranger... alla mia padrona piace"
"Ranger" disse Ikara, baciandole la caviglia "Lo sai invece noi come siamo arrivate qui?"
Aileen avrebbe fatto di tutto perché smettessero di parlare di lei. "No, come?"
"I magistrati della nostra città ci hanno venduto alle amazzoni come punizione per aver rubato..."
Aileen rabbrividì all'idea.
"Non ci sono ragazze con la pelle scura qui all'est, per cui le amazzoni ci hanno considerato subito una primizia esotica. Le cacciatrici ci hanno conteso, ognuna voleva averci entrambe..."
"Anche... Sadia?"
Litka allungò un dito, glielo mise sotto il seno e cominciò a muoverlo, spingendo delicatamente la sua tetta verso l'alto. "No.. La tua padrona è una tipa strana..."
Ikara, intanto, risaliva a baciarle la gamba, il ginocchio, la coscia. "Una Mater comunque ci divise tra due cacciatrici. Così ognuna ebbe una maestra per sé. Adesso però si divertono a rimetterci insieme."
Aileen era turbata, guardò fuori dalle sbarre. Il resto della carovana in viagio verso Herasque scorreva accanto a loro. Qualcuna delle soldatesse già indugiava a lanciare uno sguardo dentro, incuriosita, per vedere cosa succedeva. Nonostante tutto lei non aveva mai fatto nulla in pubblico, o comunque mentre sapeva che era guardata, e l'irruenza delle due sorelle la stava travolgendo. "Cosa volete fare?" gemette.
"Sei una schiava da abbastanza tempo da sapere di cosa abbiamo bisogno" disse Litka "e il viaggio è molto lungo"
"Ci... ci guarderanno tutte"
"E ringrazieranno le nostre padrone per lo spettacolo offerto"
Aileen si sentiva bruciare. Ormai aveva entrambe i corpi delle ragazze addosso. Era come un'unica massa scura, con addosso il pungente odore dell'eccitazione, decisa ad avvolgerla e sommergerla. Nonostante il panico e l'imbarazzo il suo sguardo continuava a muoversi tra i seni delle due sorelle, sui loro capezzoli piccoli e neri, sul loro pube sormontato di corti ricci. Persa nel suo panico si ritrovò ad ansimare mentre due dita si muovevano lentamente dentro e fuori dalla sua vagina.
"Ci trovi belle, Aileen?" le sussurrò all'orecchio una, mentre l'altra si massaggiava il seno davanti al suo muso.
"Be... bellissime"
La guidarono quattrozampe. La masturbazione al suo sesso non cessava, mentre altre mani le stuzzicavano il corpo. "Saremo le tue uniche amiche, a Herasque" sentì dire. Poi, d'un tratto, una delle due era in piedi davanti a lei e spingeva avanti il bacino, porgendole la sua fessura leggermente dischiusa e umida a pochi centrimetri dal suo volto.
Allungò il collo e si mise a leccare, provando una scossa al contatto col sapore salato e osceno della ragazza eccitata.
Come raccontano, la fibra delle ragazze scure è forte e la cultura della costa di Jah, da cui vengono, insegna loro la pazienza e la calma.
Non la lasciarono in pace per tutto il viaggio.

martedì 3 luglio 2012

L'addio di Gaia

Aileen non poté più uscire di casa e tornò a portare la catena. La seconda notte, però, Sadia entrò accompagnando con sé Gaia e la slegò, dopodiché le lasciò sole.
Gaia le buttò le braccia al collo e si mise a piangere "Mi ha detto che andate via" piagnucolò.
Aileen la strinse, anche i suoi occhi si fecero umidi. "Non ho capito bene... ma le hanno ordinato di andare lontano e di portare anche me..."
Gaia cominciò a leccarle lentamente il collo "Non possiamo evitarlo..."
Aileen cominciò ad accarezzarle energicamente la schiena "E' il volere delle nostre padrone"
Gaia si staccò da lei, aveva uno sguardo strano, uno sguardo languido, ma anche determinato. "Allora stanotte voglio darti tutto"
"Tutto? Cosa vuol dire?"
La mano della schiava si aprì, rivelando due germogli di ferro. "Mettimeli"
"Ma... perché?"
"Devi portarti via tutto di me"
Aileen sentì una scossa attraversarla. Vedeva Gaia come Sadia vedeva lei, per una volta era proiettata dall'altra parte. E, dentro di lei, sentì montare il desiderio di Sadia, vide davanti a lei un corpo da conquistare,  da trascinare lontano dalla mente a cui apparteneva.
I seni di Gaia erano più tondi dei suoi e i capezzoli sporgenti e rigidi. Fece scattare il primo germoglio, Gaia vibrò tutta, stringendo i denti, ma non disse niente. Fece scattare il secondo e a questo punto lei si fece scappare un gemito di dolore, sensuale, inarcò la schiena e le afferrò un braccio, per resistere al dolore. Tirò un paio di profondi respiri, per evitare di cadere, infine la guardò sorridendo. "Shibed leen"
"Posso... toglierli ora?"
Gaia ansimava come durante un amplesso, scosse la testa. "Li toglierai... quando avrai finito con me"
"E cosa devo fare, allora?"
Gaia le porse la guancia, Aileen capì e le vibrò una sberla con tutta la forza che aveva. Gaia esitò un secondo, poi le porse l'altra guancia. Lei colpì di nuovo. Andarono avanti ancora un po'. Aileen sentì nei colpi i ritmi del sesso, come quando Sadia la cavalcava. Gaia faceva sempre più fatica a trattenere i gemiti, ma ad Aileen sembravano sempre più segni di godimento e aumentavano il suo desiderio. Di conseguenza lei aumentava la forza dei colpi.
A un certo punto Gaia smise di porle la guancia, ormai il suo volto era incendiato e gonfio, ma lei non smetteva di sorridere. Allargò invece leggermente le gambe e spinse fuori il bacino, offrendole il pube, ornato di un folto ciuffo centrale di peli.
Aileen era stata colpita lì da Sadia quando era stata capricciosa e sapeva cosa voleva dire. Scosse la testa, ma Gaia chiuse gli occhi e spinse ancora di più il suo sesso verso di lei.
Aileen prese la corta verga flessibile di Sadia, lo strumento che la tecnica delle amazzoni aveva affinato a quello scopo. Lo fece scorrere lungo la fessura di Gaia e la colpì con un colpo leggero, che la sfiorò appena e la indusse solo a contrarre i muscoli. Gaia gemette insoddisfatta.
Accogliendo la muta richiesta della sua compagna, Aileen la colpì leggermente più forte e poi ancora leggermente più forte. Alla fine, quando finalmente trovò la forza giusta, Gaia, fece un balzo indietro chiudendo le cosce. Si trovò quasi senza volere ad aspettare, guardandola severa, finché Gaia non trovò la forza di offrirsi di nuovo nella medesima posizione. Allora la colpì, con la stessa forza o con ancora più forza e Gaia fu costretta a ritrarsi di nuovo, saltando via. Vedendola contorcersi, Aileen capì dove doveva portarla, capì dove Sadia portava lei. Cominciò a colpirla sul sedere, sul ventre, sulle cosce, persino sui seni chiusi nei germogli. E quando, per proteggersi una certa parte, Gaia scopriva il sesso, nuovamente andava a colpirla lì, facendola urlare sempre più forte.
Quando Aileen ebbe colpito abbastanza Gaia era coperta di segni rossi e lei stanca. Lasciò cadere a terra la verga e, come se fosse un segnale, la schiava si gettò in ginocchio e prese a leccarle lentamente il sesso, che intanto era bagnato, in preda a una forte eccitazione.
"Basta così?" chiese, vergognandosi di quello che aveva fatto.
"Fai l'amore con me" disse Gaia, staccandosi un momento dalla sua vagina "finché non avrai preso tutto ciò che vuoi"
Aileen non poteva negarlo, la desiderava terribilmente "Con i germogli? Così... ferita?"
Gaia si sdraiò gemendo sul letto, braccia e gambe aperte. I germogli di ferro pesavano sui suoi seni come ninnoli ornamentali, la sua pelle chiara era un reticolo di sferzate.
Aileen colse il suo ultimo dono.




venerdì 29 giugno 2012

La grande missione

Aileen giaceva sul letto, stremata, dopo aver dovuto assecondare la sua padrona per lunghe ore. Appiccicosa di sudore e nettare non riusciva a muoversi, la vagina che le pulsava indolenzita, costringendola a rimanere a gambe aperte.
Sadia, da parte sua, era seduta a gambe incrociate sul pavimento, in mezzo alla stanza. Capitava spesso che, dopo il sesso, cadesse in una sorta di meditazione, lontana dal mondo.
D'improvviso una donna irruppe nella stanza, senza preavviso. Era molto alta, indossava una lunga tunica porpora e i suoi capelli rossi erano acconciati con una trama complicata di trecce che disegnavano bizzarri arabeschi sulla sua testa. Nonostante l'arroganza con cui era entrata, nonostante si guardasse intorno come se fosse la padrona, Sadia scattò in piedi e subito abbassò la testa, pronunciando piano una formula di rispetto.
La donna non rispose, ma girò invece per la stanza, finché i suoi occhi non si posarono su Aileen. "Mi avevano detto che avevi preso un ratto per farti compagnia" disse. Aileen, grazie a Gaia, ormai capiva abbastanza la lingua delle amazzoni.
"L'ho scelta come sorella minore della foresta e l'ho educata" rispose la cacciatrice, con una punta d'orgoglio.
Aileen cercò di ricomporsi, scattò in ginocchio sul letto e abbassò il capo "Shibed leen" disse.
Nervosa, la donna la prese per un polso e la trascinò giù dal letto. Dopodiché andò a sedersi su un divano, sbattendosela sulle ginocchia come una bambina da punire. Sadia la seguì e si sedette davanti a lei, sempre tenendo lo sguardo basso.
"Sono successi grandi avvenimenti a nord" disse la donna. Oziosamente, come per scaricare il nervosismo, artigliò intanto con una mano il seno di Aileen e cominciò a tormentarlo. La ragazza si morse il labbro per stare in silenzio.
"Ho seguito i consigli di guerra, mater"
"La città di Herasque è caduta sotto il giudizio della foresta"
Nell'annunciare la notizia, la donna torse un capezzolo di Aileen. Lei gemette, ma non solo per il dolore. Sapeva cos'era Herasque. Era la capitale delle province est dell'impero, la più vicina alle regioni delle grandi foreste. Per quel che ne sapeva era una fortezza inespugnabile.
Anche Sadia, impercettibilmente, trasalì. "Gloria alle legioni"
Aileen sentì le dita della donna sul suo sedere. Non capiva perché continuasse a tormentarla. Non credeva che lei provasse desiderio sessuale, era più un gioco sadico, un modo per maltrattarla e, indirettamente, umiliare la sua padrona. Trasalì quando sentì le sue dita dischiuderle i glutei e accarezzarle l'ano.
"La situazione è complicata, ma potremmo trionfare veramente. Ma le nostre forze migliori devono sostenere Herasque. Per questo manderò lì te e altre due cacciatrici"
Sadia alzò gli occhi per la prima volta e proprio in quel momento il dito della donna penetrò Aileen dietro. Nonostante Sadia le avesse insegnato molto, lì Aileen era ancora inviolata. Non sapeva se Sadia le avesse risparmiato quello perché non interessata o per un gesto d'affetto. L'irruenza della donna e il dolore completamente nuovo la costrinsero a inarcare la schiena e le fecero cacciare un piccolo urlo.
"E portati dietro il tuo stupido ratto, visto che si tratterà di una cosa lunga"
La donna concluse guardando Sadia negli occhi e poi cominciò a masturbare analmente Aileen. Lei non riusciva a trattenersi dal gemere per il dolore e l'umiliazione. Per la prima volta da quando aveva accettato la sua condizione, sentiva nuovamente la sensazione di essere usata, di essere un giocattolo senza dignità e questo la ferì. Più si lamentava, più la donna aumentava la velocità dei suoi movimenti, finché il suo ano non prese a bruciare.
"Fermati, Mater" gemette infine Sadia "Ho capito e obbedirò"
Soddisfatta di aver costretto la cacciatrice a reagire, la donna smise nel suo gioco e spinse via Aileen, che rotolò per terra. Dopodiché si alzò e avanzò verso la porta, come a passo di marcia, fiera. "La carovana che ti porterà là partirà fra tre giorni"

martedì 26 giugno 2012

La vita di tutti i giorni

Sadia si convinse presto che Aileen le era devota e le tolse le catene che la bloccavano nella sua casa. La ragazza, quindi, quando la cacciatrice non richiedeva i suoi servigi, poté quindi prendere a girare liberamente.
Visitando la città delle amazzoni, Aileen si stupì delle sue dimensioni. La regione delle foreste era vasta, grande più di un terzo di tutti i territori dell'impero, ma tutti erano convinti che fosse scarsamente popolata. La città delle amazzoni, invece, non aveva nulla da invidiare alle grandi città della pianura, anzi, per come si dipanava, a un certo punto, per la foresta, c'era da pensare che fosse persino più grande di centri abitati come Araqua.
La vita della città, oltretutto, non era molto diversa da quella che Aileen aveva potuto vedere nell'impero. Le amazzoni non erano affatto selvagge, ma avevano anzi una cultura molto avanzata. L'unica caratteristica particolare, e che metteva Aileen a disagio, erano le schiave, presenti ovunque, quasi sempre di razza non amazzone, nude, sempre a disposizione.
La schiava che Sadia aveva con sé mentre addestrava Aileen si chiamava Gaia e in qualche modo divenne amica di Aileen stessa. Se non altro non scappava di fronte a lei come le altre che, riconoscendola una sorella minore della foresta, di proprietà di una cacciatrice, temevano volesse esercitare la sua autorità su di loro.
Gaia disse ad Aileen molto della cultura amazzone e cominciò anche a insegnarle i rudimenti della loro lingua. L'amicizia tra schiave, però, non era ben vista, così, quando la ragazza temeva di essere mal giudicata per il suo rapporto con Aileen, tramutava il loro semplice chiacchierare in effusioni sessuali, così da far credere a tutti che la sorella minore della foresta la stesse semplicemente usando per divertirsi. Capitava spesso che, a causa di un qualche rumore, Gaia si inginocchiasse d'improvviso di fronte ad Aileen e affondasse il suo muso nel suo pube liscio.
Aileen, man mano che il suo affetto con Gaia cresceva, aveva iniziato ad apprezzare quei momenti e si lasciava andare abbastanza da goderne. Tanto che, dopo un po', Gaia imparò, mentre parlavano, ad offrire il suo seno ad Aileen affinché la palpasse e comunque a concludere sempre i loro incontri appoggiando la bocca sul suo sesso, stuzzicando la sua fessura con la lingua.
Sadia era spesso lontana dalla città, ma quando tornava il suo appetito era enorme. Spesso, appena varcati i cancelli, richiamava Aileen nella sua dimora e la prendeva ancora impiastrata della tintura mimetica, sudicia di giorni passati nella foresta. Aileen riconosceva il misto di odori della pelle di Sadia (terra, erba, rugiada, frutta) come l'odore della sua padrona e si eccitava ad averlo addosso. Sadia, in quei momenti, era lo stesso animale selvaggio di quando l'aveva catturata. Si limitava a premerle il suo corpo sopra, trasmetterle il suo calore e la sua umidità, strappandole via la sessualità in modo rude e senza rispetto.
Dopo essersi rapidamente soddisfatta così, Sadia incatenava nuovamente Aileen nella sua dimora e andava a ricomporsi. Tornava nella casa ripulita e riposata, spesso dopo un intero giorno, e a quel punto pretendeva di nuovo la sua schiava nel suo letto.
Aileen imparò con pazienza ogni angolo del corpo di Sadia. La cacciatrice si limitava ad offrirglielo e lei diligentemente lo studiava con la lingua. I suoi doveri comprendevano tutto il corpo della sua padrona, ma naturalmente, a un certo punto, le sue attenzioni dovevano concentrarsi sui suoi seni gonfi e sul suo sesso peloso. Più raramente, come per scherzo, Sadia offriva il suo ano e anche in quel caso, comunque, Aileen dimostrava completamente la sua obbedienza.
Solitamente dopo aver onorato il corpo della sua padrona, AIleen si metteva a disposizione e nuovamente Sadia le saliva sopra e la coinvolgeva in un lungo amplesso. La forza e la resistenza di Sadia erano quelle di una cacciatrice per cui prima che si ritrovasse stanca e soddisfatta ci volevano ore. Aileen, comunque, subiva tutto con piacere, si abituò affinché il coinvolgimento del sesso in lei non si esaurisse mai. Si accorse di avere molti più orgasmi di Sadia durante gli amplessi e anche quando sentiva il suo corpo sfinito e bruciante supplicava ancora più attenzioni e il fatto di sacrificarsi oltre le sue capacità la eccitava al punto che rinnovava il suo desiderio.
Aileen si scoprì presto felice della sua vita da schiava. E spendeva ogni giorno nell'attesa che Sadia la prendesse.

giovedì 21 giugno 2012

Il privilegio della schiava

"shibed leen"
Sadia prese quelle parole come una dichiarazione di amore, si avvicinò a Aileen e la abbracciò. Era nuda e non aveva più addosso la disgustosa tintura per mimetizzarsi con gli alberi, ma l'odore della sua pelle sapeva comunque di prato. Mentre si teneva stretta alla sua schiava armeggiò con le sue manette, togliendogliele. Poi la abbracciò ancora più forte e cercò la sua bocca per baciarla.
Aileen sentì principalmente i seni dolergli quando il petto di Sadia le premette contro, sui capezzoli irrimediabilmente irritati. Poi, nuovamente, sentì l'appetito della cacciatrice trasferirsi in lei e le sue sensazioni cambiare, mentre quella muoveva le anche per sfregare sesso contro sesso.
Aileen incrociò lo sguardo dell'altra schiava, che assisteva impassibile alla scena, e se ne imbarazzò, ma a quel punto sembrò che anche Sadia si accorgesse di lei perché interruppe l'amplesso e disse una frase severa, indicandola.
"Schiaffeggiami" tradusse la schiava, col labbro che tremava un poco.
"come?" chiese Aileen.
"La schiava di una cacciatrice, una sorella minore della foresta, è superiore a tutte le altre schiave delle amazzoni. La tua signora vuole che dimostri la tua superiorità. Schiaffeggiami. Con forza."
"Ma no... non posso..."
"Metterà i germogli a tutte e due se non lo farai. E poi mi farà schiaffeggiare da qualcun'altra. Più a lungo"
Aileen comprese la situazione. Era quasi contenta quando Sadia aveva fatto per prenderla, aveva cominciato a trarre piacere dall'amplesso, quindi riportarla a ordini del genere la stordiva come una doccia fredda. Aileen sapeva fare del male perché era addestrata a essere una guerriera, ma di fronte a una ragazza così inerme e remissiva non sapeva proprio come comportarsi. Provò a vibrarle una sberla sulla guancia, ma si accorse da sola di averla toccata appena.
"Più forte! In fretta!"
Spaventata, Aileen colpì veramente. La sua mano schioccò sul volto della ragazza in modo sonoro, arrossandole la guancia. Visto che Sadia non pareva soddisfatta colpì ancora e ancora, mentre quella cominciava a piangere in silenzio.
Sadia disse qualcos'altro, la schiava si alzò in piedi "E ora i seni"
"I... seni?"
La schiava che aveva davanti aveva dei seni più grossi dei suoi. Non il petto generoso di Sadia, ma comunque due tonde mammelle tenute ancora su dalla giovinezza, con capezzoli piccoli e scuri. Addestrata alla sottomissione li teneva in fuori, offrendoli.
La mano di Aileen calò di nuovo, questa volta la schiava non riuscì a trattenere i gemiti. I seni si arrossarono subito, mentre oscillavano sballottati dalle percosse. Aileen continuò finché lo sguardo severo di Sadia rimase su di lei, senza più percepire quello che stava facendo. Cercava di allontanarsi dalla tortura infinita che stava elargendo, ma in realtà ne era strettamente legata.
Sadia urlò qualcosa. Aileen si fermò. La schiava crollò in ginocchio tenendosi i seni in fiamme. La cacciatrice la ignorò e andò invece dalla sua pupilla, tornò a baciarla e a stringersi contro, sussurrando parole incomprensibili.
"Shibed leen" rispose lei, colpevole perché sentiva di nuovo il ventre caldo di desiderio.
Sadia annuì, la prese e la guidò dolcemente al suo letto. La fece sdraiare e poi le andò sopra, come un'ombra.

martedì 19 giugno 2012

Shibed leen

Sadia aveva in mano due piccoli oggetti di metallo. Erano molto semplici a parte un qualche meccanismo. Ne avvicinò uno al capezzolo di Aileen e lo fece scattare. Il piccolo oggetto si chiuse come una morsa, stringendo la carne tenera.
Aileen non si aspettava una cosa del genere e saltò via urlando, poi, rendendosi conto che non poteva togliersi l'oggetto con le mani bloccate dalle catene si agitò e infine crollò in ginocchio.
Sadia, quasi innervosita dal suo atteggiamento, le prese la testa e la rivolse verso di sé.
"Toglilo, toglilo ti prego, farò quello che vuoi, ma toglilo..." supplicò Aileen. Il dolore era pulsante e continuava a crescere. Il capezzolo era in fiamme e ogni minimo movimento del suo corpo faceva oscillare l'oggetto, aumentando la tortura. Sadia non la ascoltò, forse non la capì nemmeno. Si limitò a trascinarla di nuovo in piedi e applicare l'altro congegno all'altro capezzolo.
Il nuovo dolore si sommò al primo raddoppiandolo. Era come se tra i seni di Aileen fosse teso un filo rovente che eccitava e torturava tutti i suoi nervi. Crollò di nuovo in ginocchio, cercando di rannicchiarsi su sé stessa, piangendo, continuando a pigolare piano: "Toglili toglili toglili"
La schiava guardava con l'indifferenza di chi ha visto la scena molte volte, anche se nervosamente, ogni tanto, cercava di tastarsi il seno. A un cenno di Sadia parlò: "Quelli che hai ora addosso sono i germogli di ferro. Fanno parte della tua educazione. Quando sembrerà che non ascolti i germogli aiuteranno la tua attenzione e rimarranno lì finché non avrai capito"
I capezzoli di Aileen pulsavano ritmicamente e ogni volta il dolore si rinnovava. Sembrava non potesse esserci abitudine, sembrava che dovesse crescere indefinitamente, ogni volta offuscando un nuovo pezzo di lei. Non faceva più niente per trattenere le lacrime, cercava solo di stare ferma immobile per impedire ai germogli di oscillare. "Sarò sempre attenta..." provò a dire.
La schiava continuò. "I germogli ti verranno tolti quando ti sarai alzata in piedi, a testa bassa e avrai detto la frase Shibed leen che nella lingua delle tue padrone significa -sono una schiava-. Shibed Leen è quanto ti è permesso rispondere quando un'amazzone ti guarda"
"Fa troppo male... io..."
"Alzati e dillo"
Aileen provò ad alzarsi, ma mise male il piede e barcollò. I germogli si mossero tanto che credette fossero sul punto di strapparle via la carne. Provò di nuovo, più lentamente, ma il dolore le impediva di mantenere la calma così a un certo punto rimase ferma semirannicchiata, in preda al panico. Sadia non sembrava innervosita dalla sua esitazione, anzi. Era divertita che, secondo le sue stesse regole, lei stesse facendo di tutto per prolungare il dolore. Aileen però non riusciva a essere razionale, il dolore era di nuovo troppo intimo, la aveva presa dove era più vulnerabile. Non stava solo soffrendo, sentiva maltrattata anche la sua sessualità, il suo essere donna. Ogni tanto la schiava le sussurrava di alzarsi, che alzarsi era l'unico modo per porre fine a quel gioco, ma lei non riusciva ad ascoltare. Alla fine, centimetro su centimetro, riguadagnò la posizione eretta. Ormai i capezzoli non li sentiva più, il dolore oscillava intorno a tutto il suo petto.
"Shibed leen" sussurrò.
Sadia tese l'orecchio come se non l'avesse sentita.
"Shibed leen!" disse ancora, a voce più alta. Nel farlo i germogli si mossero e si morse il labbro per evitare di tornare in ginocchio.
Sadia le sorrise e si riprese gli strumenti di tortura. Il dolore dato dal sollievo, quando li tolse, fu addirittura più intenso del tormento stesso e la fece boccheggiare. L'amazzone però la sostenne e la baciò sulle guance.
"Shibed leen" le disse, accettando i suoi baci passivamente. "Shibed leen". Sono una schiava. E ci credeva veramente.

domenica 17 giugno 2012

La città delle amazzoni

Sadia si alzò da terra. Intorno a lei c'erano altre quattro amazzoni, ma erano vestite di tuniche color sabbia e non avevano addosso la tintura mimetica. A giudicare come la cacciatrice le trattava erano anche tutte inferiori a lei per rango.
Sadia cominciò a parlare nella sua lingua. Dopo aver detto alcune frasi come per spiegare la situazione diede degli ordini. Le due amazzoni più giovani, allora, si piegarono su Aileen e la rimisero in piedi con facilità, visto che lei era ormai troppo scossa per avere qualsiasi reazione. Dopo averla rimessa in piedi presero dalla propria cintura delle sottili funi di fibra vegetale e le immobilizzarono le mani dietro la schiena. Mentre svolgevano l'operazione continuavano a sussurrare tra loro frasi e a sorridere maliziose indicando il suo corpo. Aileen non capiva e forse anche per questo una terza amazzone, una donna sui quarant'anni, venne verso di lei. "Sei solo un ratto, non capisco come mai la alla cacciatrice piaci tanto". Come per sottolineare questo fatto prese a palpeggiarle il seno arricciando il naso.
Sadia disse qualcosa. Le ragazze smisero di tormentare Aileen e si misero in marcia, tenendola in mezzo a loro. Presto giunsero in un luogo dove la foresta si interrompeva, lasciando ampio spazio alla città amazzone. Era questa costituita principalmente di edifici di legno, anche molto imponenti, e un fiume la tagliava in due, rifornendola di acqua.
Appena entrate nella città Sadia e due amazzoni presero un direzione, Aileen e quelle che si prendevano cura di lei un'altra.La ragazza venne portata in una sorta di quartiere tutto costituito di alte e massicce capanne dall'aspetto ricco e fatta entrare in una di esse. La capanna era forma da un'unica stanza, molto grande. Vi si trovava un letto di foglie, alcuni mobili e persino degli attrezzi per l'addestramento. La casa, nonostante avesse uno stile completamente diverso da quello delle città dove era nata e cresciuta, non aveva nulla da invidiare a certe dimore di nobili che aveva visitato. Capì subito che si trattava della dimora di Sadia.
Le amazzoni le tolsero la fune, ma solo per sostiuirla con delle manette, con cui le immobilizzarono le mani, davanti, questa volta. Le manette, a loro volta, vennero agganciate a una catena di metallo fissata a un muro. Conclusa l'operazione, come per irriderla, le due ragazze la baciarono sulla bocca, indugiando ad accarezzarle il pube e poi la lasciarono.
Appena fu sola Aileen crollò in ginocchio, piangendo piano. Era stanca e confusa, ancora sconvolta per come era stata catturata. Oltretutto era anche sudicia di terra, erba e, si vergognava ad ammetterlo, degli umori di Sadia e suoi. Rimase legata come un cane da passeggio forse per ore, senza che nessuno si curasse di lei, finché, alla fine, nella capanna non entrò Sadia in persona, portandosi dietro un'altra ragazza, anche lei completamente nuda.
Aileen capì subito, dall'atteggiamento dell'altra ragazza, che si trattava anche lei di una schiava. Oltretutto non aveva lineamenti amazzoni, anzi, il suo volto denunciava l'appartenenza al suo stesso popolo. Sadia e la schiava si avvicinarono a lei. Appena le furono presso la schiava si affrettò a mettersi in ginocchio. Sadia disse qualcosa nella sua lingua, guardando Aileen e sorridendo. Appena ebbe finito, evidentemente, la schiava tradusse. "Ora imparerai le prime regole per diventare una sorella minore della foresta. E' importante cominciare subito".

-- continua

venerdì 15 giugno 2012

Preda di guerra

L'amazzone riprese a leccarle i seni mentre le strattonava i suoi calzoni. Appena sentì la fibbia cedere avvertì anche la mano che le scivolava negli slip e si appoggiava aperta sul suo pube. La ragazza della foresta esitò, trovandola liscia.
Aileen si radeva, abitudine acquisita in addestramento. La disciplina del primo anno sotto i Maestri le imponeva niente capelli e lei l'aveva estesa al suo intimo, come sapeva facevano anche le altre poche ragazze della Cittadella.
Evidentemente per l'amazzone era un'esperienza nuova e quindi le sue dita indugiarono curiose, mentre accarezzava la pelle liscia, i contorni delle labbra morbidi e ben definiti.
Aileen cominciò a piangere per l'umiliazione. I Maestri ti dicevano che se venivi sconfitta rischiavi di essere violentata, ma quella era solo violenza durante la violenza della battaglia. L'amazzone invece la stava manipolando, stava sovvertendo le sue sensazioni,stava prendendo possesso del suo corpo.
La cacciatrice tornò a guardarla in viso. "Io Sadia, preda di guerra" disse "ripetilo"
Non riusciva ad aprire la bocca, anzi, a quell'ordine strinse ancora di più le labbra. Come per punizione, l'amazzone la penetrò con un dito, rudemente. "Ripetilo!"
Gemette e inarcò la schiena. Dopodiché trasformò in gemito in quello che la sua dominatrice voleva. "Sadiah" disse, strascicando le vocali.
Sadia le strappò via i pantaloni. Non sembrava nemmeno più interessata a minacciarla.Quando Aileen si ritrovò completamente nuda si ritrovò anche libera, perché la amazzone era rimasta con i suoi calzoni in mano. Provò a rialzarsi per correre via nella foresta, ma al primo passo la mano della cacciatrice la prese alla caviglia e la ributtò a terra. Dopodiché le scivolò di nuovo sopra. "Preda di guerra!" si lamentò. Dopodiché le rimise il dito nella vagina, sempre con violenza "Ripetilo!"
"Preda di guerrah"
Il dito di Sadia non si accontentò di entrare, cominciò invece a muoversi dentro e fuori. L'amazzone lo seguiva con tutto il corpo, avendo cura che i suoi seni strusciassero sul petto di Aileen. Ogni tanto toglieva il dito e le premeva contro il suo pube, fregandole il pelo contro l'inguine. Alla fine si limitò a quest'ultimo movimento, aumentando continuamente di intensità, ansimando e gemendo.
Aileen subiva. Sentiva addosso la violenza dello stupro. Il corpo di Sadia puzzava d'erba ed era viscido al contatto. Sentiva il suo sesso indifeso bruciare sotto i giochi della sua aguzzina e sprigionare ondate di brividi. Si sentiva oscena. Credette che la cosa sarebbe andata avanti in eterno, ma a un certo punto l'amazzone si inarcò sopra di lei, le schioccò un bacio sulle labbra e si tirò in ginocchio, cavalcioni, col sesso che le gocciolava sul ventre.
"Preda di guerra" esultò.
Nella confusione delle sensazioni che provava, Aileen vide che intorno a loro c'erano altre amazzoni.

-- Continua

giovedì 14 giugno 2012

L'incontro con Sadia

Aileen era rimasta sola nella foresta e le batteva forte il cuore. Dopo che Ransom aveva annunciato che stavano arrivando le amazzoni avevano cominciato a correre tutti all'impazzata e alla fine si erano persi di vista. Così ora era sola, con in mano il pugnale che la Regina le aveva regalato, cercando di capire da dove provenisse ogni fruscio che sentiva intorno a sé.
Nonostante avesse creduto di essere attentissima, quando la cacciatrice sbucò davanti a lei fece un salto indietro, perché non la aveva proprio sentita arrivare.
La cacciatrice la assalì dimostrando di avere un addestramento ben superiore al suo. Appena le fu davanti le scalciò via il pugnale, poi le prese il braccio e glielo girò dietro alla schiena. Infine, con una specie di sgambetto, la fece crollare sdraiate per terra.
Aileen cercò di girarsi e rialzarsi, ma per bloccarla la cacciatrice le si mise cavalcioni sopra, puntandole una specie di coltello di selce alla gola. Solo a quel punto lei poté vederla bene. Era una ragazza all'incirca della sua età, diciotto anni, più alta di lei e con un corpo decisamente più muscoloso. I suoi capelli erano una massa riccia, rossi, ma impiastricciati di una qualche sostanza verde.
Ma, soprattutto, era completamente nuda. Aileen aveva sentito dire che chi entrava a far parte della casta delle cacciatrici, tra le amazzoni, doveva raggiungere la completa comunione con la foresta e quindi doveva mettere fra sé e gli alberi il meno possibile. Non credeva però che la cosa fosse così radicale.
La ragazza amazzone, però, non mostrava alcun imbarazzo. In verità la sua pelle era coperta di una sostanza simile a fango, che la rendeva quasi indistinguibile dal terreno, ma questo non nascondeva i suoi seni generosi, dai piccoli capezzoli a punta, o il suo pube coperto da un boschetto folto di peli sempre rossi.
Nonostante stesse rischiando la vita, questa cosa imbarazzò Aileen e fu certa di arrossire mentre la cacciatrice si piegava su di lei, aderendo quasi al suo corpo, per sussurrarle all'orecchio. "Intrusi"
"No! No! Scusate!" provò a dire Aileen "Non sapevamo di aver sconfinato!"
"Intrusa! E preda di guerra"
La cacciatrice tornò a sollevarsi, il suo coltello affondò nel colletto del mantello di Aileen e cominciò a scorrere giù. Lei sentì la lama fredda sulla pelle, che vi scorreva sopra senza ferirla, mentre i suoi vestiti si laceravano. Con movimenti esperti l'amazzone spostò i lembi strappati delle sue vesti, esponendo il suo petto nudo. Al contrario suo, lei aveva seni piccoli, dai larghi capezzoli chiari. Vedendo come li esaminava distolse lo sguardo. "scusate... scusate..." provò a gemere.
La cacciatrice riprese a premerle il coltello di selce sulla gola, a segnalare che l'avrebbe uccisa al primo movimento, poi scese col volto sul suo petto. La pelle impiastrata della tintura mimetica era ruvida e umida mentre scorreva su di lei e la insudiciava. Dopo aver strusciato le guance sui suoi capezzoli come un cane che saggia il terreno, tirò fuori la lingua e cominciò a leccarla.
Aileen sentì tutte le sue emozioni intrecciarsi. Aveva paura di morire,era ovvio, la lama alla gola era lì per quello, ma intanto quello che la cacciatrice le stava facendo la stava colpendo in una zona della sua intimità che non sapeva nemmeno di avere e non riusciva a decifrare le sensazioni del suo corpo.
"Scusate scusate..." provò ancora a dire.
"Preda di guerra" ripeté l'amazzone, interrompendo un attimo nel tormentarle i seni con la lingua. E intanto la mano libera prendeva ad armeggiare con la sua cintura.

-- continua.