venerdì 29 giugno 2012

La grande missione

Aileen giaceva sul letto, stremata, dopo aver dovuto assecondare la sua padrona per lunghe ore. Appiccicosa di sudore e nettare non riusciva a muoversi, la vagina che le pulsava indolenzita, costringendola a rimanere a gambe aperte.
Sadia, da parte sua, era seduta a gambe incrociate sul pavimento, in mezzo alla stanza. Capitava spesso che, dopo il sesso, cadesse in una sorta di meditazione, lontana dal mondo.
D'improvviso una donna irruppe nella stanza, senza preavviso. Era molto alta, indossava una lunga tunica porpora e i suoi capelli rossi erano acconciati con una trama complicata di trecce che disegnavano bizzarri arabeschi sulla sua testa. Nonostante l'arroganza con cui era entrata, nonostante si guardasse intorno come se fosse la padrona, Sadia scattò in piedi e subito abbassò la testa, pronunciando piano una formula di rispetto.
La donna non rispose, ma girò invece per la stanza, finché i suoi occhi non si posarono su Aileen. "Mi avevano detto che avevi preso un ratto per farti compagnia" disse. Aileen, grazie a Gaia, ormai capiva abbastanza la lingua delle amazzoni.
"L'ho scelta come sorella minore della foresta e l'ho educata" rispose la cacciatrice, con una punta d'orgoglio.
Aileen cercò di ricomporsi, scattò in ginocchio sul letto e abbassò il capo "Shibed leen" disse.
Nervosa, la donna la prese per un polso e la trascinò giù dal letto. Dopodiché andò a sedersi su un divano, sbattendosela sulle ginocchia come una bambina da punire. Sadia la seguì e si sedette davanti a lei, sempre tenendo lo sguardo basso.
"Sono successi grandi avvenimenti a nord" disse la donna. Oziosamente, come per scaricare il nervosismo, artigliò intanto con una mano il seno di Aileen e cominciò a tormentarlo. La ragazza si morse il labbro per stare in silenzio.
"Ho seguito i consigli di guerra, mater"
"La città di Herasque è caduta sotto il giudizio della foresta"
Nell'annunciare la notizia, la donna torse un capezzolo di Aileen. Lei gemette, ma non solo per il dolore. Sapeva cos'era Herasque. Era la capitale delle province est dell'impero, la più vicina alle regioni delle grandi foreste. Per quel che ne sapeva era una fortezza inespugnabile.
Anche Sadia, impercettibilmente, trasalì. "Gloria alle legioni"
Aileen sentì le dita della donna sul suo sedere. Non capiva perché continuasse a tormentarla. Non credeva che lei provasse desiderio sessuale, era più un gioco sadico, un modo per maltrattarla e, indirettamente, umiliare la sua padrona. Trasalì quando sentì le sue dita dischiuderle i glutei e accarezzarle l'ano.
"La situazione è complicata, ma potremmo trionfare veramente. Ma le nostre forze migliori devono sostenere Herasque. Per questo manderò lì te e altre due cacciatrici"
Sadia alzò gli occhi per la prima volta e proprio in quel momento il dito della donna penetrò Aileen dietro. Nonostante Sadia le avesse insegnato molto, lì Aileen era ancora inviolata. Non sapeva se Sadia le avesse risparmiato quello perché non interessata o per un gesto d'affetto. L'irruenza della donna e il dolore completamente nuovo la costrinsero a inarcare la schiena e le fecero cacciare un piccolo urlo.
"E portati dietro il tuo stupido ratto, visto che si tratterà di una cosa lunga"
La donna concluse guardando Sadia negli occhi e poi cominciò a masturbare analmente Aileen. Lei non riusciva a trattenersi dal gemere per il dolore e l'umiliazione. Per la prima volta da quando aveva accettato la sua condizione, sentiva nuovamente la sensazione di essere usata, di essere un giocattolo senza dignità e questo la ferì. Più si lamentava, più la donna aumentava la velocità dei suoi movimenti, finché il suo ano non prese a bruciare.
"Fermati, Mater" gemette infine Sadia "Ho capito e obbedirò"
Soddisfatta di aver costretto la cacciatrice a reagire, la donna smise nel suo gioco e spinse via Aileen, che rotolò per terra. Dopodiché si alzò e avanzò verso la porta, come a passo di marcia, fiera. "La carovana che ti porterà là partirà fra tre giorni"

martedì 26 giugno 2012

La vita di tutti i giorni

Sadia si convinse presto che Aileen le era devota e le tolse le catene che la bloccavano nella sua casa. La ragazza, quindi, quando la cacciatrice non richiedeva i suoi servigi, poté quindi prendere a girare liberamente.
Visitando la città delle amazzoni, Aileen si stupì delle sue dimensioni. La regione delle foreste era vasta, grande più di un terzo di tutti i territori dell'impero, ma tutti erano convinti che fosse scarsamente popolata. La città delle amazzoni, invece, non aveva nulla da invidiare alle grandi città della pianura, anzi, per come si dipanava, a un certo punto, per la foresta, c'era da pensare che fosse persino più grande di centri abitati come Araqua.
La vita della città, oltretutto, non era molto diversa da quella che Aileen aveva potuto vedere nell'impero. Le amazzoni non erano affatto selvagge, ma avevano anzi una cultura molto avanzata. L'unica caratteristica particolare, e che metteva Aileen a disagio, erano le schiave, presenti ovunque, quasi sempre di razza non amazzone, nude, sempre a disposizione.
La schiava che Sadia aveva con sé mentre addestrava Aileen si chiamava Gaia e in qualche modo divenne amica di Aileen stessa. Se non altro non scappava di fronte a lei come le altre che, riconoscendola una sorella minore della foresta, di proprietà di una cacciatrice, temevano volesse esercitare la sua autorità su di loro.
Gaia disse ad Aileen molto della cultura amazzone e cominciò anche a insegnarle i rudimenti della loro lingua. L'amicizia tra schiave, però, non era ben vista, così, quando la ragazza temeva di essere mal giudicata per il suo rapporto con Aileen, tramutava il loro semplice chiacchierare in effusioni sessuali, così da far credere a tutti che la sorella minore della foresta la stesse semplicemente usando per divertirsi. Capitava spesso che, a causa di un qualche rumore, Gaia si inginocchiasse d'improvviso di fronte ad Aileen e affondasse il suo muso nel suo pube liscio.
Aileen, man mano che il suo affetto con Gaia cresceva, aveva iniziato ad apprezzare quei momenti e si lasciava andare abbastanza da goderne. Tanto che, dopo un po', Gaia imparò, mentre parlavano, ad offrire il suo seno ad Aileen affinché la palpasse e comunque a concludere sempre i loro incontri appoggiando la bocca sul suo sesso, stuzzicando la sua fessura con la lingua.
Sadia era spesso lontana dalla città, ma quando tornava il suo appetito era enorme. Spesso, appena varcati i cancelli, richiamava Aileen nella sua dimora e la prendeva ancora impiastrata della tintura mimetica, sudicia di giorni passati nella foresta. Aileen riconosceva il misto di odori della pelle di Sadia (terra, erba, rugiada, frutta) come l'odore della sua padrona e si eccitava ad averlo addosso. Sadia, in quei momenti, era lo stesso animale selvaggio di quando l'aveva catturata. Si limitava a premerle il suo corpo sopra, trasmetterle il suo calore e la sua umidità, strappandole via la sessualità in modo rude e senza rispetto.
Dopo essersi rapidamente soddisfatta così, Sadia incatenava nuovamente Aileen nella sua dimora e andava a ricomporsi. Tornava nella casa ripulita e riposata, spesso dopo un intero giorno, e a quel punto pretendeva di nuovo la sua schiava nel suo letto.
Aileen imparò con pazienza ogni angolo del corpo di Sadia. La cacciatrice si limitava ad offrirglielo e lei diligentemente lo studiava con la lingua. I suoi doveri comprendevano tutto il corpo della sua padrona, ma naturalmente, a un certo punto, le sue attenzioni dovevano concentrarsi sui suoi seni gonfi e sul suo sesso peloso. Più raramente, come per scherzo, Sadia offriva il suo ano e anche in quel caso, comunque, Aileen dimostrava completamente la sua obbedienza.
Solitamente dopo aver onorato il corpo della sua padrona, AIleen si metteva a disposizione e nuovamente Sadia le saliva sopra e la coinvolgeva in un lungo amplesso. La forza e la resistenza di Sadia erano quelle di una cacciatrice per cui prima che si ritrovasse stanca e soddisfatta ci volevano ore. Aileen, comunque, subiva tutto con piacere, si abituò affinché il coinvolgimento del sesso in lei non si esaurisse mai. Si accorse di avere molti più orgasmi di Sadia durante gli amplessi e anche quando sentiva il suo corpo sfinito e bruciante supplicava ancora più attenzioni e il fatto di sacrificarsi oltre le sue capacità la eccitava al punto che rinnovava il suo desiderio.
Aileen si scoprì presto felice della sua vita da schiava. E spendeva ogni giorno nell'attesa che Sadia la prendesse.

giovedì 21 giugno 2012

Il privilegio della schiava

"shibed leen"
Sadia prese quelle parole come una dichiarazione di amore, si avvicinò a Aileen e la abbracciò. Era nuda e non aveva più addosso la disgustosa tintura per mimetizzarsi con gli alberi, ma l'odore della sua pelle sapeva comunque di prato. Mentre si teneva stretta alla sua schiava armeggiò con le sue manette, togliendogliele. Poi la abbracciò ancora più forte e cercò la sua bocca per baciarla.
Aileen sentì principalmente i seni dolergli quando il petto di Sadia le premette contro, sui capezzoli irrimediabilmente irritati. Poi, nuovamente, sentì l'appetito della cacciatrice trasferirsi in lei e le sue sensazioni cambiare, mentre quella muoveva le anche per sfregare sesso contro sesso.
Aileen incrociò lo sguardo dell'altra schiava, che assisteva impassibile alla scena, e se ne imbarazzò, ma a quel punto sembrò che anche Sadia si accorgesse di lei perché interruppe l'amplesso e disse una frase severa, indicandola.
"Schiaffeggiami" tradusse la schiava, col labbro che tremava un poco.
"come?" chiese Aileen.
"La schiava di una cacciatrice, una sorella minore della foresta, è superiore a tutte le altre schiave delle amazzoni. La tua signora vuole che dimostri la tua superiorità. Schiaffeggiami. Con forza."
"Ma no... non posso..."
"Metterà i germogli a tutte e due se non lo farai. E poi mi farà schiaffeggiare da qualcun'altra. Più a lungo"
Aileen comprese la situazione. Era quasi contenta quando Sadia aveva fatto per prenderla, aveva cominciato a trarre piacere dall'amplesso, quindi riportarla a ordini del genere la stordiva come una doccia fredda. Aileen sapeva fare del male perché era addestrata a essere una guerriera, ma di fronte a una ragazza così inerme e remissiva non sapeva proprio come comportarsi. Provò a vibrarle una sberla sulla guancia, ma si accorse da sola di averla toccata appena.
"Più forte! In fretta!"
Spaventata, Aileen colpì veramente. La sua mano schioccò sul volto della ragazza in modo sonoro, arrossandole la guancia. Visto che Sadia non pareva soddisfatta colpì ancora e ancora, mentre quella cominciava a piangere in silenzio.
Sadia disse qualcos'altro, la schiava si alzò in piedi "E ora i seni"
"I... seni?"
La schiava che aveva davanti aveva dei seni più grossi dei suoi. Non il petto generoso di Sadia, ma comunque due tonde mammelle tenute ancora su dalla giovinezza, con capezzoli piccoli e scuri. Addestrata alla sottomissione li teneva in fuori, offrendoli.
La mano di Aileen calò di nuovo, questa volta la schiava non riuscì a trattenere i gemiti. I seni si arrossarono subito, mentre oscillavano sballottati dalle percosse. Aileen continuò finché lo sguardo severo di Sadia rimase su di lei, senza più percepire quello che stava facendo. Cercava di allontanarsi dalla tortura infinita che stava elargendo, ma in realtà ne era strettamente legata.
Sadia urlò qualcosa. Aileen si fermò. La schiava crollò in ginocchio tenendosi i seni in fiamme. La cacciatrice la ignorò e andò invece dalla sua pupilla, tornò a baciarla e a stringersi contro, sussurrando parole incomprensibili.
"Shibed leen" rispose lei, colpevole perché sentiva di nuovo il ventre caldo di desiderio.
Sadia annuì, la prese e la guidò dolcemente al suo letto. La fece sdraiare e poi le andò sopra, come un'ombra.

martedì 19 giugno 2012

Shibed leen

Sadia aveva in mano due piccoli oggetti di metallo. Erano molto semplici a parte un qualche meccanismo. Ne avvicinò uno al capezzolo di Aileen e lo fece scattare. Il piccolo oggetto si chiuse come una morsa, stringendo la carne tenera.
Aileen non si aspettava una cosa del genere e saltò via urlando, poi, rendendosi conto che non poteva togliersi l'oggetto con le mani bloccate dalle catene si agitò e infine crollò in ginocchio.
Sadia, quasi innervosita dal suo atteggiamento, le prese la testa e la rivolse verso di sé.
"Toglilo, toglilo ti prego, farò quello che vuoi, ma toglilo..." supplicò Aileen. Il dolore era pulsante e continuava a crescere. Il capezzolo era in fiamme e ogni minimo movimento del suo corpo faceva oscillare l'oggetto, aumentando la tortura. Sadia non la ascoltò, forse non la capì nemmeno. Si limitò a trascinarla di nuovo in piedi e applicare l'altro congegno all'altro capezzolo.
Il nuovo dolore si sommò al primo raddoppiandolo. Era come se tra i seni di Aileen fosse teso un filo rovente che eccitava e torturava tutti i suoi nervi. Crollò di nuovo in ginocchio, cercando di rannicchiarsi su sé stessa, piangendo, continuando a pigolare piano: "Toglili toglili toglili"
La schiava guardava con l'indifferenza di chi ha visto la scena molte volte, anche se nervosamente, ogni tanto, cercava di tastarsi il seno. A un cenno di Sadia parlò: "Quelli che hai ora addosso sono i germogli di ferro. Fanno parte della tua educazione. Quando sembrerà che non ascolti i germogli aiuteranno la tua attenzione e rimarranno lì finché non avrai capito"
I capezzoli di Aileen pulsavano ritmicamente e ogni volta il dolore si rinnovava. Sembrava non potesse esserci abitudine, sembrava che dovesse crescere indefinitamente, ogni volta offuscando un nuovo pezzo di lei. Non faceva più niente per trattenere le lacrime, cercava solo di stare ferma immobile per impedire ai germogli di oscillare. "Sarò sempre attenta..." provò a dire.
La schiava continuò. "I germogli ti verranno tolti quando ti sarai alzata in piedi, a testa bassa e avrai detto la frase Shibed leen che nella lingua delle tue padrone significa -sono una schiava-. Shibed Leen è quanto ti è permesso rispondere quando un'amazzone ti guarda"
"Fa troppo male... io..."
"Alzati e dillo"
Aileen provò ad alzarsi, ma mise male il piede e barcollò. I germogli si mossero tanto che credette fossero sul punto di strapparle via la carne. Provò di nuovo, più lentamente, ma il dolore le impediva di mantenere la calma così a un certo punto rimase ferma semirannicchiata, in preda al panico. Sadia non sembrava innervosita dalla sua esitazione, anzi. Era divertita che, secondo le sue stesse regole, lei stesse facendo di tutto per prolungare il dolore. Aileen però non riusciva a essere razionale, il dolore era di nuovo troppo intimo, la aveva presa dove era più vulnerabile. Non stava solo soffrendo, sentiva maltrattata anche la sua sessualità, il suo essere donna. Ogni tanto la schiava le sussurrava di alzarsi, che alzarsi era l'unico modo per porre fine a quel gioco, ma lei non riusciva ad ascoltare. Alla fine, centimetro su centimetro, riguadagnò la posizione eretta. Ormai i capezzoli non li sentiva più, il dolore oscillava intorno a tutto il suo petto.
"Shibed leen" sussurrò.
Sadia tese l'orecchio come se non l'avesse sentita.
"Shibed leen!" disse ancora, a voce più alta. Nel farlo i germogli si mossero e si morse il labbro per evitare di tornare in ginocchio.
Sadia le sorrise e si riprese gli strumenti di tortura. Il dolore dato dal sollievo, quando li tolse, fu addirittura più intenso del tormento stesso e la fece boccheggiare. L'amazzone però la sostenne e la baciò sulle guance.
"Shibed leen" le disse, accettando i suoi baci passivamente. "Shibed leen". Sono una schiava. E ci credeva veramente.

domenica 17 giugno 2012

La città delle amazzoni

Sadia si alzò da terra. Intorno a lei c'erano altre quattro amazzoni, ma erano vestite di tuniche color sabbia e non avevano addosso la tintura mimetica. A giudicare come la cacciatrice le trattava erano anche tutte inferiori a lei per rango.
Sadia cominciò a parlare nella sua lingua. Dopo aver detto alcune frasi come per spiegare la situazione diede degli ordini. Le due amazzoni più giovani, allora, si piegarono su Aileen e la rimisero in piedi con facilità, visto che lei era ormai troppo scossa per avere qualsiasi reazione. Dopo averla rimessa in piedi presero dalla propria cintura delle sottili funi di fibra vegetale e le immobilizzarono le mani dietro la schiena. Mentre svolgevano l'operazione continuavano a sussurrare tra loro frasi e a sorridere maliziose indicando il suo corpo. Aileen non capiva e forse anche per questo una terza amazzone, una donna sui quarant'anni, venne verso di lei. "Sei solo un ratto, non capisco come mai la alla cacciatrice piaci tanto". Come per sottolineare questo fatto prese a palpeggiarle il seno arricciando il naso.
Sadia disse qualcosa. Le ragazze smisero di tormentare Aileen e si misero in marcia, tenendola in mezzo a loro. Presto giunsero in un luogo dove la foresta si interrompeva, lasciando ampio spazio alla città amazzone. Era questa costituita principalmente di edifici di legno, anche molto imponenti, e un fiume la tagliava in due, rifornendola di acqua.
Appena entrate nella città Sadia e due amazzoni presero un direzione, Aileen e quelle che si prendevano cura di lei un'altra.La ragazza venne portata in una sorta di quartiere tutto costituito di alte e massicce capanne dall'aspetto ricco e fatta entrare in una di esse. La capanna era forma da un'unica stanza, molto grande. Vi si trovava un letto di foglie, alcuni mobili e persino degli attrezzi per l'addestramento. La casa, nonostante avesse uno stile completamente diverso da quello delle città dove era nata e cresciuta, non aveva nulla da invidiare a certe dimore di nobili che aveva visitato. Capì subito che si trattava della dimora di Sadia.
Le amazzoni le tolsero la fune, ma solo per sostiuirla con delle manette, con cui le immobilizzarono le mani, davanti, questa volta. Le manette, a loro volta, vennero agganciate a una catena di metallo fissata a un muro. Conclusa l'operazione, come per irriderla, le due ragazze la baciarono sulla bocca, indugiando ad accarezzarle il pube e poi la lasciarono.
Appena fu sola Aileen crollò in ginocchio, piangendo piano. Era stanca e confusa, ancora sconvolta per come era stata catturata. Oltretutto era anche sudicia di terra, erba e, si vergognava ad ammetterlo, degli umori di Sadia e suoi. Rimase legata come un cane da passeggio forse per ore, senza che nessuno si curasse di lei, finché, alla fine, nella capanna non entrò Sadia in persona, portandosi dietro un'altra ragazza, anche lei completamente nuda.
Aileen capì subito, dall'atteggiamento dell'altra ragazza, che si trattava anche lei di una schiava. Oltretutto non aveva lineamenti amazzoni, anzi, il suo volto denunciava l'appartenenza al suo stesso popolo. Sadia e la schiava si avvicinarono a lei. Appena le furono presso la schiava si affrettò a mettersi in ginocchio. Sadia disse qualcosa nella sua lingua, guardando Aileen e sorridendo. Appena ebbe finito, evidentemente, la schiava tradusse. "Ora imparerai le prime regole per diventare una sorella minore della foresta. E' importante cominciare subito".

-- continua

venerdì 15 giugno 2012

Preda di guerra

L'amazzone riprese a leccarle i seni mentre le strattonava i suoi calzoni. Appena sentì la fibbia cedere avvertì anche la mano che le scivolava negli slip e si appoggiava aperta sul suo pube. La ragazza della foresta esitò, trovandola liscia.
Aileen si radeva, abitudine acquisita in addestramento. La disciplina del primo anno sotto i Maestri le imponeva niente capelli e lei l'aveva estesa al suo intimo, come sapeva facevano anche le altre poche ragazze della Cittadella.
Evidentemente per l'amazzone era un'esperienza nuova e quindi le sue dita indugiarono curiose, mentre accarezzava la pelle liscia, i contorni delle labbra morbidi e ben definiti.
Aileen cominciò a piangere per l'umiliazione. I Maestri ti dicevano che se venivi sconfitta rischiavi di essere violentata, ma quella era solo violenza durante la violenza della battaglia. L'amazzone invece la stava manipolando, stava sovvertendo le sue sensazioni,stava prendendo possesso del suo corpo.
La cacciatrice tornò a guardarla in viso. "Io Sadia, preda di guerra" disse "ripetilo"
Non riusciva ad aprire la bocca, anzi, a quell'ordine strinse ancora di più le labbra. Come per punizione, l'amazzone la penetrò con un dito, rudemente. "Ripetilo!"
Gemette e inarcò la schiena. Dopodiché trasformò in gemito in quello che la sua dominatrice voleva. "Sadiah" disse, strascicando le vocali.
Sadia le strappò via i pantaloni. Non sembrava nemmeno più interessata a minacciarla.Quando Aileen si ritrovò completamente nuda si ritrovò anche libera, perché la amazzone era rimasta con i suoi calzoni in mano. Provò a rialzarsi per correre via nella foresta, ma al primo passo la mano della cacciatrice la prese alla caviglia e la ributtò a terra. Dopodiché le scivolò di nuovo sopra. "Preda di guerra!" si lamentò. Dopodiché le rimise il dito nella vagina, sempre con violenza "Ripetilo!"
"Preda di guerrah"
Il dito di Sadia non si accontentò di entrare, cominciò invece a muoversi dentro e fuori. L'amazzone lo seguiva con tutto il corpo, avendo cura che i suoi seni strusciassero sul petto di Aileen. Ogni tanto toglieva il dito e le premeva contro il suo pube, fregandole il pelo contro l'inguine. Alla fine si limitò a quest'ultimo movimento, aumentando continuamente di intensità, ansimando e gemendo.
Aileen subiva. Sentiva addosso la violenza dello stupro. Il corpo di Sadia puzzava d'erba ed era viscido al contatto. Sentiva il suo sesso indifeso bruciare sotto i giochi della sua aguzzina e sprigionare ondate di brividi. Si sentiva oscena. Credette che la cosa sarebbe andata avanti in eterno, ma a un certo punto l'amazzone si inarcò sopra di lei, le schioccò un bacio sulle labbra e si tirò in ginocchio, cavalcioni, col sesso che le gocciolava sul ventre.
"Preda di guerra" esultò.
Nella confusione delle sensazioni che provava, Aileen vide che intorno a loro c'erano altre amazzoni.

-- Continua

giovedì 14 giugno 2012

L'incontro con Sadia

Aileen era rimasta sola nella foresta e le batteva forte il cuore. Dopo che Ransom aveva annunciato che stavano arrivando le amazzoni avevano cominciato a correre tutti all'impazzata e alla fine si erano persi di vista. Così ora era sola, con in mano il pugnale che la Regina le aveva regalato, cercando di capire da dove provenisse ogni fruscio che sentiva intorno a sé.
Nonostante avesse creduto di essere attentissima, quando la cacciatrice sbucò davanti a lei fece un salto indietro, perché non la aveva proprio sentita arrivare.
La cacciatrice la assalì dimostrando di avere un addestramento ben superiore al suo. Appena le fu davanti le scalciò via il pugnale, poi le prese il braccio e glielo girò dietro alla schiena. Infine, con una specie di sgambetto, la fece crollare sdraiate per terra.
Aileen cercò di girarsi e rialzarsi, ma per bloccarla la cacciatrice le si mise cavalcioni sopra, puntandole una specie di coltello di selce alla gola. Solo a quel punto lei poté vederla bene. Era una ragazza all'incirca della sua età, diciotto anni, più alta di lei e con un corpo decisamente più muscoloso. I suoi capelli erano una massa riccia, rossi, ma impiastricciati di una qualche sostanza verde.
Ma, soprattutto, era completamente nuda. Aileen aveva sentito dire che chi entrava a far parte della casta delle cacciatrici, tra le amazzoni, doveva raggiungere la completa comunione con la foresta e quindi doveva mettere fra sé e gli alberi il meno possibile. Non credeva però che la cosa fosse così radicale.
La ragazza amazzone, però, non mostrava alcun imbarazzo. In verità la sua pelle era coperta di una sostanza simile a fango, che la rendeva quasi indistinguibile dal terreno, ma questo non nascondeva i suoi seni generosi, dai piccoli capezzoli a punta, o il suo pube coperto da un boschetto folto di peli sempre rossi.
Nonostante stesse rischiando la vita, questa cosa imbarazzò Aileen e fu certa di arrossire mentre la cacciatrice si piegava su di lei, aderendo quasi al suo corpo, per sussurrarle all'orecchio. "Intrusi"
"No! No! Scusate!" provò a dire Aileen "Non sapevamo di aver sconfinato!"
"Intrusa! E preda di guerra"
La cacciatrice tornò a sollevarsi, il suo coltello affondò nel colletto del mantello di Aileen e cominciò a scorrere giù. Lei sentì la lama fredda sulla pelle, che vi scorreva sopra senza ferirla, mentre i suoi vestiti si laceravano. Con movimenti esperti l'amazzone spostò i lembi strappati delle sue vesti, esponendo il suo petto nudo. Al contrario suo, lei aveva seni piccoli, dai larghi capezzoli chiari. Vedendo come li esaminava distolse lo sguardo. "scusate... scusate..." provò a gemere.
La cacciatrice riprese a premerle il coltello di selce sulla gola, a segnalare che l'avrebbe uccisa al primo movimento, poi scese col volto sul suo petto. La pelle impiastrata della tintura mimetica era ruvida e umida mentre scorreva su di lei e la insudiciava. Dopo aver strusciato le guance sui suoi capezzoli come un cane che saggia il terreno, tirò fuori la lingua e cominciò a leccarla.
Aileen sentì tutte le sue emozioni intrecciarsi. Aveva paura di morire,era ovvio, la lama alla gola era lì per quello, ma intanto quello che la cacciatrice le stava facendo la stava colpendo in una zona della sua intimità che non sapeva nemmeno di avere e non riusciva a decifrare le sensazioni del suo corpo.
"Scusate scusate..." provò ancora a dire.
"Preda di guerra" ripeté l'amazzone, interrompendo un attimo nel tormentarle i seni con la lingua. E intanto la mano libera prendeva ad armeggiare con la sua cintura.

-- continua.